La fase di crisi nella quale sono entrati gli Stati Uniti negli ultimi anni, è costituita da una delicata situazione finanziaria sul piano interno accompagnata a un ridimensionamento della loro posizione economica sul piano globale. Due condizioni, le difficoltà fiscali interne e la perdita di peso relativo, hanno rinnovato il dibattito sul declino dell’egemonia americana, un tema ricorrente negli studi internazionalistici e nel dibattito pubblico da ormai diversi decenni.
La visita del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca s'inserisce nel quadro delle relazioni tra Stati Uniti e Israele a un anno dalle elezioni americane e in una regione attraversata da cambiamenti, minacce e venti di guerra. Obama e Netanyahu sono personalità politiche molto differenti tra loro: i due non si piacciono, non si sono mai amati e mai saranno ottimi amici.
Every ten years it is decline time in the United States. The declinist vision is so recurrent that it seems a constant countermelody of American exceptionalism. The paper offers an appraisal of the recent American debate on U.S. decline.
A lively debate was recently resumed on the purported decline of the United States. Those who argue that the American hegemony won’t last for long base their claim on economic consid-erations. In military terms, however, evidence suggest different conclusions: compared to other major powers, the US has more and better capabilities – enough to protract the unipolar moment for a long time.
In questi mesi è in corso un profondo ripensamento della politica estera italiana verso alcune aree e verso alcuni paesi. L’Italia, nella conduzione della propria politica estera, è spesso riuscita, nel corso di decenni, a conciliare due esigenze entrambe fondamentali: la necessità di buone relazioni con paesi per essa strategicamente rilevanti, come Libia, Iran, Russia, ma politicamente difficili per la sfera d’afferenza atlantica, e la piena appartenenza proprio al campo atlantico ed europeo dell’Italia.
L’incontro alla Casa Bianca fra il presidente americano Barack Obama e il presidente del Consiglio Mario Monti nasce dall’interesse di Washington per il programma di riforme economiche in Italia, segna l’inizio di una nuova fase di rapporti fra i due alleati e al tempo stesso mette il nostro paese di fronte alla necessità di ridefinire l’interesse nazionale davanti a un quadro strategico internazionale mutato.
Il Lockheed Martin F-35 Lightining II è il più ambizioso programma di armamenti della storia e un tassello nella collaborazione transatlantica nell’aerospazio e difesa. Già conosciuto come Joint Strike Fighter è un caccia multiruolo di 5a generazione con capacità stealth che sarà prodotto in tre versioni: F-35A a decollo convenzionale; F-35B a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL) per portaerei con ponte adatto; F-35C per portaerei con catapulte (CATOBAR) sistema tipico della US Navy.
Il mandato del governo Monti, per quanto limitato, ha avuto fin dal principio una forte valenza internazionale. Il primo e irrinunciabile compito del nuovo governo era infatti il rilancio dell’immagine e del ruolo dell’Italia all’estero, a partire anzitutto dall’Europa. Un tale compito era iscritto, ancor prima che nel mandato del governo, nella stessa figura di Mario Monti, il quale fino a poche settimane fa era noto e stimato in sede europea molto più di quanto lo fosse in Italia. Accettando l’incarico, Monti raccoglieva una doppia sfida sul piano internazionale.
Una settimana fa la minaccia iraniana di chiudere lo stretto di Hormuz (i 54 km dove transita il 20% del petrolio mondiale) in ritorsione verso le nuove e più dure sanzioni firmate da Obama. Poi la dura risposta americana («non tollereremo il blocco») con una portaerei della Quinta Flotta provocatoriamente mandata ad attraversare lo stretto. Pochi giorni dopo, l’esercitazione della marina iraniana con il lancio di missili di media gittata, ovvero in grado di colpire le basi Usa in Bahrain.