Negli ultimi anni sono emersi movimenti e leader politici che vengono spesso identificati non solo come un sintomo, ma anche come una causa della crisi della democrazia. Secondo un’altra lettura, questi svolgono invece una importante funzione democratica perché convogliano il malcontento popolare nell’alveo della democrazia stessa, limitandone le derive violente.
Sluggish economic growth, elections in key countries, and Brexit negotiations are set to make 2017 a crucial year for Europe. At the same time, Euroskepticism is on the rise, migration proves more divisive than ever, and the international context is increasingly unpredictable.
How to safeguard and strenghten EU policies? How to move them closer to citizens’ demands? What recipes to support economic growth and let the euro work at full speed?
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti sembra aver colto di sorpresa studiosi e osservatori: per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, a vincere le elezioni è un candidato che declina il suo messaggio facendo leva su populismo, nazionalismo e isolazionismo. In un contesto internazionale di globalizzazione e interdipendenza, l’eventuale ripiegamento su se stessi degli Stati Uniti rischia di aprire prospettive inedite, tanto sul piano politico quanto su quello economico-commerciale.
Cosa ci aspetta? Che ne sarà dell’eredità di Obama in settori quali la sanità, i diritti civili, la politica economica? Quale l’impatto sulle relazioni tra Stati Uniti, Europa e Russia? Come si muoveranno gli USA nel complicato puzzle mediorientale, tra Siria, Israele, Arabia Saudita e Iran? Dopo le dure dichiarazioni fatte in campagna elettorale nei confronti della Cina e la promessa di costruire un muro al confine con il Messico, cosa succederà in Asia e in America Latina? Infine, cosa ne sarà dei trattati commerciali o dello storico accordo sul clima di Parigi?
Le analisi contenute nel presente volume si propongono di rispondere a questi interrogativi, delineando i possibili scenari sull’evoluzione della leadership americana nel mondo e sulle conseguenti implicazioni per i più importanti contesti geopolitici.
Il 2017 sarà un anno cruciale per le sorti dell’Ue, con una crescita economica anemica, paesi chiave chiamati alle urne e Brexit alle porte. Tutto ciò mentre cresce la disaffezione al progetto europeo, le migrazioni continuano a dividere e il contesto internazionale è sempre più imprevedibile. Cosa fare per salvare e rafforzare quanto fatto finora dall’Ue? Come ripensarla per renderla più vicina ai cittadini? Come agire in particolare in campo economico e in merito all’Euro?
Un corrispondente del New York Times da Roma ha definito “arcani” i cambiamenti costituzionali che gli italiani hanno respinto con il referendum del 4 dicembre 2016. Suppongo che altrettanto arcane sembreranno in molte capitali internazionali le vicende italiane dei prossimi mesi. Nelle corrispondenze dall’Italia prevarrà ancora una volta la convinzione che il paese sia troppo machiavellico, nel senso peggiore della parola, per essere decifrato con criteri validi per le altre democrazie occidentali.
L’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti è stata accolta con entusiasmo dai leader dei partiti populisti europei, da Nigel Farage (ormai ex leader di Ukip e primo esponente politico europeo ad essere ricevuto da Trump in riconoscimento del suo ruolo di battistrada) a Geert Wilders, leader del partito della libertà olandese che l’ha definita “una vittoria storica, una rivoluzione!”, da Marine Le Pen, leader del Front National francese che l’ha salutata come “un’ottima notizia”, a Viktor Orbán, capo di Fidesz, il partito al governo i
Se la notizia fosse confermata, ma col trascorrere delle ore pare sempre meno plausibile, uno degli attentatori dell’attacco compiuto ieri con un camion a Berlino sarebbe un pakistano che aveva fatto richiesta di asilo in Germania. Il diffondersi di questa iniziale notizia ha fatto sì che l’attenzione di parte dell’opinione pubblica si concentrasse nuovamente sulla possibile correlazione esistente tra politiche di asilo europee e rischio terrorismo.
Con l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca è prevedibile che i rapporti tra l'Europa e gli Stati Uniti siano destinati a cambiare.
L'ISPI e la Rappresentanza a Milano della Commissione europea hanno organizzato il lunch talk con il Commissario Europeo per il Commercio, Cecilia Malmström e il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, con interventi sull’evoluzione del commercio internazionale, l’andamento dei Trattati e accordi UE in corso di definizione e sul ruolo e sugli interessi specifici dell’Italia nel più ampio contesto europeo.
Domenica 20 novembre si apre ufficialmente la stagione delle primarie francesi. I primi a confrontarsi con il proprio elettorato saranno i Repubblicani, nuovo nome della formazione politica dei popolari gollisti. Dei sette candidati, i contendenti con realistiche probabilità di passare al secondo turno (27 novembre) sono tre: Alain Juppé, ex premier e sindaco di Bordeaux, Nicolas Sarkozy, fino ad agosto leader del partito gollista, e François Fillon, ex primo ministro durante il mandato presidenziale dello stesso Sarkozy.
Che capovolgimento della situazione! Nel 2006, in vista delle elezioni presidenziali dell’anno successivo, il Partito socialista francese sperimentò delle primarie che potremmo definire semi-aperte, poiché erano stati chiamati a parteciparvi anche tutti coloro ai quali era stata offerta la possibilità di tesserarsi nei mesi precedenti per soli venti euro. Ségolène Royal sorprese tutti vincendo al primo turno contro due avversari di rilievo come Laurent Fabius e Dominique Strauss-Kahn, soprannominati gli «elefanti socialisti».
Anche la droite francese si è inchinata al rito delle primarie. Rispetto all’assenza di regole e prassi che la governava fino alla fine degli anni Novanta il passo in avanti è gigantesco. Gli iscritti poterono intervenire nel processo decisionale solo nel 1999 quando vennero chiamati, per la prima volta ad eleggere il presidente del partito. Alla fine di questo mese, con il classico sistema dei due turni, iscritti e simpatizzanti si recheranno nei seggi installati dal partito per scegliere il candidato presidenziale.